Internet è parte integrante della nostra vita quotidiana, sia nella sfera privata, sia nella sfera del lavoro. Tutti abbiamo accesso ad una grande quantità d’informazioni ad una velocità rapidissima. Tutti? Non proprio: la libertà di accesso non vale per tutti i paesi del mondo. Anche nel 2024, infatti, alcuni governi attuano rigide politiche di cyber censura, impedendo agli utenti di accedere ai contenuti presenti in rete e limitandone la libertà di espressione.
Ecco perché è importante dedicare attenzione alla giornata mondiale contro la cyber censura, riflettere sulla condizione globale attuale che non è affatto migliorata rispetto al 2023 e, all’evidente necessità di combattere la censura online per garantire un libero accesso alle informazioni. Sono numerosi i rapporti pubblicati da associazioni, come Freedom House e Reporters Without Borders, ed è doveroso fare il punto della condizione della rete nel mondo. Nel corso degli ultimi anni la libertà globale di internet è diminuita e la minaccia è tutto all’infuori di una paura senza fondamento.
Nel 2022 il conflitto tra Russia e Ucraina, ha visto il Cremlino vietare Facebook, Instagram, X, limitando la capacità di connessione con gli utenti di altri paesi e privando il proprio popolo di avere accesso alle informazioni. La Russia ha costretto alcuni fornitori di servizi di telecomunicazioni a lasciare gli ucraini senza accesso ai siti d’informazione e ai social network. Fortunatamente, i funzionari governativi e le società di telecomunicazioni hanno collaborato per ripristinare la Rete e assicurare ai cittadini la possibilità di accedere a qualunque tipo di risorsa online e grazie ad una partnership tra il governo ucraino e SpaceX, sono state assicurate connessioni satellitari.
Il rapporto “Freedom on the Net 2022” conferma un’evidenza già nota: la Cina è il primo paese al mondo per diffusione della censura online, “per l’ottavo anno consecutivo”. Nel corso dell’anno passato, infatti, il governo cinese ha intensificato la censura dei contenuti online legati alla rivendicazione dei diritti delle donne. A tal proposito, è impossibile non sottolineare la repressione delle campagne sui social media contro le aggressioni e le molestie sessuali di cui sono vittime le donne nel paese. Inoltre, negli ultimi mesi, il governo si è fatto sempre più pressante su tutte quelle società che progettano di lanciare sul mercato un competitor di ChatGpt, temendo che l’AI possa rilasciare agli utenti risposte non coperte dalla censura. Insomma, la situazione cinese è costante, ma in realtà sembra che non faccia altro che peggiorare.
I blackout di internet sono sempre più comuni: le interruzioni della connettività sono diventate lo strumento preferito dei governi che vogliono limitare la libertà digitale dei cittadini. Gli ultimi tentativi del governo iraniano di soffocare le proteste nel paese attraverso il blackout di Internet, il coprifuoco digitale e il blocco dei contenuti rappresentano un esempio estremo del punto a cui i regimi sono disposti a spingersi per limitare la libertà digitale. “Abbiamo rilevato un ricorso crescente ai blackout come strumento per il contro delle comunicazioni – dichiara David Belson, head of data insight di Cloudflare e ricercatore specializzato nelle interruzioni di internet. Sono già utilizzati in Pakistan e nell’arcipelago di Comoros, mentre il Senegal vi ha fatto ricorso per sedare le proteste per il voto rinviato. Un “vecchio” trucco che i governi hanno rispolverato per reprimere il dissenso politico e calpestare i diritti umani in periodo di votazioni: spegnere internet. Dall’inizio dell’anno, in tre nazioni al voto le autorità hanno fatto ricorso a blocchi delle reti di telecomunicazioni per controllare la popolazione: Pakistan, Senegal e Comoros.
Il Pakistan è l’ultima nazione, in ordine di tempo, a spegnere le reti mobile nel 2024, in occasione delle elezioni nazionali e provinciali dell’8 febbraio, con la scusa di voler impedire attacchi terroristici contro i seggi, riferisce Al Jazeera. All’apertura delle urne corrisponde un blocco del segnale di Zong, il secondo operatore di telecomunicazioni del paese: 128 milioni di persone, su una popolazione di 241 milioni. Il blackout dell’8 febbraio è l’ultimo di una serie. Il 7 e il 20 gennaio vengono bloccati i principali social network, tra cui Facebook, Instagram e X, per colpire il leader dell’opposizione, Imran Khan. Quando il suo partito, il Pti (Movimento per la giustizia del Pakistan), lancia una raccolta fondi per sostenere la campagna elettorale, in Pakistan i social vengono oscurati. Così come quando annuncia la sua seconda assemblea virtuale. E, in India, il blocco di internet è stato attuato ben due volte dall’inzio dell’anno.
L’Alto commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha condannato i blocchi di internet: “Questi blocchi minano o eliminano l’accesso a strumenti digitali fondamentali per fare campagna elettorale, promuovere il dibattito pubblico, svolgere le votazioni e supervisionare i processi elettorali – si legge nel documento -. In ultima analisi, questi blocchi creano ostacoli significativi che danneggiano i processi elettorali democratici e la diffusione libera di informazioni, in modi che erodono la fiducia nelle elezioni e aumentano il rischio di violenza”. E l’uso distorto di strumenti di Intelligenza Artificiale, per produrre deepfake o notizie false, additato come il nemico numero uno delle elezioni 2024, rischia di amplificare il ricorso a blocchi della rete, dietro la scusa di voler tutelare la popolazione dagli effetti deleteri della tecnologia.